Oggi ho ricevuto un regalo bellissimo: la possibilità di visitare l’interno della Rocca di Calascio. Ne ho sempre avuto la curiosità, ma è stato un bene che la visita sia avvenuta solo oggi, perché i colori del cielo erano così belli da qualificarsi anch’essi come un ulteriore regalo. Nelle prossimità della Chiesa di Santa Maria della Pietà il vento era così impetuoso che poneva una fortissimaresistenza, mi divertiva, provavo a buttarmi all’indietro e mi sosteneva. Nemmeno sulle creste delle montagne avevo mai provato nulla di simile. Tutto quello scontro di pressioni puliva il cielo rendendolo estremamente nitido: i punti di fuga correvano lontano disegnando in maniera impeccabile i profili di tutti i massicci montuosi. Quella piccola chiesa immersa tra quei coloriera davvero meravigliosa. In sua prossimità ho trovato un cartello informativo della Regione Abruzzo che ne esplicava alcune informazioni. L’elegante tempietto, sorto secondo la tradizione su una preesistente edicola votiva, venne edificato, alla fine del XVI secolo, su pianta ottagonale. Alla suggestione dell’impianto centrale, che richiama analoghi organismi costruitiin Abruzzo a partire dal XIV secolo, si coniuga l’eccezionale valenza paesaggistica del sito; la chiesa è infatti posta a ridosso dell’antico borgo abbandonato di Rocca Calascio, a dominio della sottostante piana di Navelli, percorsa dall’antico tratturo. Lo spazio interno, organizzato da un sistema di paraste tuscaniche e coperto da una cupola ad otto spicchi, si configurain severe forme cinquecentesche; ad una delle facciate esterne, caratterizzate da una generale disorganicità, si addossa un semplice corpo di fabbrica adibito a sacrestia. L’oratorio rappresenta una delle tappe di un tradizionale percorso devozionale. (Tratto dal cartello informativo della Regione Abruzzo). Come era suggestivo camminare tra le vecchie mura diquell’antica fortificazione! La storia trasudava da ogni sasso, rendendolo prezioso. Una volta dentro la Rocca, il richiamo più forte era quello di salire sulla sua parte sommitale, balcone panoramico su uno dei lati più belli d’Abruzzo. (Forse addirittura IL PIU’ bello). Il colori liminari del tramonto disegnavano sulla Majella nuvole rosa, mentre il Gran Sasso s’infuocava e il Sirente siammorbidiva nell’indaco. Persino i tagli aspri di Monte Prena divenivano dolci sotto quella luce. Dentro il piccolo castello ho trovato riportate delle informazioni sulla struttura della sua torre, descrivendola come fortificazione “minima”. Posta in punti isolati e spesso scarsamente accessibili, era la struttura più semplice da realizzare: un parallelepipedo a base quadrata, circa 6-8 metri dilato, spessori variabili da 70 cm a 2,5 metri (in media 1 metro), altezza 10-15 metri. Aveva la funzione di avvistare e segnalare al castello principale la presenza di potenziali nemici. In caso di pericolo i pochi occupanti non potevano contare su aiuti esterni ma soprattutto la prospettiva di un magro bottino era motivo sufficiente perché bande di predoni dedite al saccheggio nonmostrassero loro molto interesse. In caso di assedio raramente si distruggevano perché subito riutilizzabili a favore dei nuovi occupanti. Piuttosto i terremoti facevano sì che il materiale crollato e, soprattutto i massi squadrati, venissero reimpiegati per altri edifici. La torre poteva bruciare? Sì, la torre, in caso d’incendio delle parti lignee, funzionava come un enorme caminoe l’alta temperatura faceva cuocere il calcare provocando il crollo delle murature. Perché crollano le torri? Come nel caso della torre civica di Pavia, le torri possono crollare per cedimento progressivo delle fondazioni, microfratture nei pori della muratura a causa del gelo, erosione del legante (calce) nella muratura ad opera degli agenti atmosferici, e dilavamentodel materiale di riempimento della muratura “a secco”. (Tratto da un cartello informativo esposto dentro la Rocca). A tutte queste cause di degrado io aggiungerei anche quella dei fulmini: salendo sul balconcino superiore della Rocca non ho potuto fare a meno di notare l’evidente Gabbia di Faraday che riveste la struttura, e quella prima della metà dell’Ottocento proprio non poteva esserci.Ma la bellezza di quel luogo non risiedeva solo nella Rocca, anche Calascio paese godeva di scorci incantevoli che scaldati dai colori del tramonto emanavano l’antica e meravigliosa consapevolezza di essere in un luogo di origini antichissime. Sul far della notte, mentre si spegnevano i colori e si accendevano le stelle, udivamotra i vicoli del borgo note di violini e contrabbassi, prove di musicisti che ci accompagnavano riecheggiando, tra il chiarore della luna e le ombre della sera.
giovedì 9 dicembre 2010
Rocca Calascio e Santa Maria della Pietà
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Un posto veramente affascinante. Grazie!
RispondiEliminagrazie a te :-)
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