Nella boscosissima Valle del Chiarino è esistito nel passato un importante castello dal quale dipendevano terre con vigne ed alberi da frutta, ricche di case, acque e mulini. Quello del Chiarino fu uno dei 71 castelli che nel secolo XIII fondarono L’Aquila. La crescita economica della città mandò in crisi icastelli che, non riuscendo a stabilire “un’osmosi economica tra monte e piano”, lentamente andarono in rovina. Anche il Castello di Chiarino subì questa sorte, intorno al 1400, dopo che i sui abitanti si furono trasferiti a L’Aquila. Al suo posto c’è ora San Martino, formato da una masseria, un mulino e una chiesetta, inrovina. La chiesa, la cui struttura attuale risale agli inizi del 1800, negli anni 1000 apparteneva al castello. “Il cosiddetto Mulino di S. Martino, dotato di una torre esagonale con feritoie e di un articolato sistema di adduzione di acqua dal vicino torrente, è il cuore del complesso”. (Carlo Tobia – Il RifugioGaribaldi tra cronaca e storia). La masseria è stata adattata nel tempo per essere utilizzata prima per uso agricolo-pastorale; acquistata poi dai marchesi Cappelli agli inizi del 1800 e trasformata nelle forme attuali, divenne il centro del loro vasto sistema pastorale. Strettamente collegata alla vicina MasseriaVaccareccia ed ai più lontani Stazzi di Solagne, nella parte alta della Valle del Chiarino, la Masseria Cappelli fu utilizzata come centro di raccolta dei prodotti della pastorizia e come deposito di provviste (il solo fabbisogno di pane per i dipendenti delle masserie era garantito dalla presenza del mulino), che,autonomo dall’esterno, doveva far sopravvivere tutto il sistema pastorale. La masseria con l’originale torre esagonale era adibita anche alla lavorazione dei prodotti. “Questa qualità architettonica e la presenza del condotto di adduzione dell’acqua fanno pensare comunque ad un vero e proprio opificio per latrasformazione in sito dei prodotti della pastorizia e della zootecnia in una gestione prevalentemente autarchica”. (AA.VV. – Omaggio al Gran Sasso – CAI Sezione dell’Aquila, 1975). (Gran Sasso, le più belle escursioni – Alesi, Calibani, Palermi). Il Lago di Provvidenza mostrava silenzioso tutto il suo potenziale, per metàghiacciato, teneva fluide le sue profondità. Sulla sua superficie disegnava falsi toni di bianco, mentre il freddo polare e l’aria secca giocavano tra loro a tenersi gli equilibri. La neve era così polverosa che si caricava sugli alberi ponendosi in bilico, bastava un soffio a farla andar via, ma io non ho soffiato. Tutto eraordinato e composto, era la sintesi dell’inverno, bellezza assoluta della stagione più nobile, perché il bianco per me è un colore regale. La strada saliva costeggiando il fiume che, liberandosi tra la neve, fluiva con leggerezza santificando ogni angolo di quel Paradiso. Intorno a noi non c’era nessuno. Eravamo talmentetanto dentro quella Natura da addirittura non farci percepire da due caprioli. Lo scorrere dell’acqua risuonava limpido, e dava eco di pace nella valle dell’anima. Solo lo scendere della neve poteva compiere quella meraviglia: desiderio compiuto poco dopo averlo pensato. Ora capivo il perché di quel nome, Provvidenza.
venerdì 17 dicembre 2010
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congratulazioni per il bellissimo Blog,pieno di itinerari ben descritti.
RispondiEliminaQui conto di venirci presto con le ciaspole