La Grotta del Secchio custodiva tra i suoi meandri la bellezza
delicata delle concrezioni: vele ed eccentriche, colate e festonature, capellid’angelo su stalattiti convolute, e ovunque il riverbero brillante della calcite.
Ritrovavamo la sua bellezza intatta, fortunatamente custoditadalla sua
difficile localizzazione. Vi era acqua in molti passaggi, di cui uno
completamente allagato verso la fine del laminatoio che ciimpediva di
raggiungere il Fiume Fossile, ma nonostante tutto quella enorme bellezza era in
ogni angolo, spiraglio o fessura, era unacreazione divina della Terra, di cui
tutti gli speleologi a conoscenza ne erano gelosi.
lunedì 29 gennaio 2018
La Grotta del Secchio
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domenica 28 gennaio 2018
L'Inghiottitoio di Palarzano e il Castello di Cascina
L’inghiottitoio di Palarzano era ormai ostruito da molti
anni per mano dell’uomo, chissà quale sistema carsico si animava sotto quel
tappo dicemento, quali meraviglie intatte da indagare e sconosciute, mai
rilevate e misteriose. La leggenda portava il detto de “l’acqua cascinesedolce era e amara misi fece” parole della moglie
di un pastore di Antrodoco, che abituata a raccogliere a valle le pecore rubate
dalmarito e buttate nello gnottetùru
un giorno raccolse i resti del marito stesso, morto ammazzato come condanna per
quei furti. Tra laleggenda e la realtà chissà quali percorsi c’erano nel
sottosuolo, chissà se davvero compivano un tragitto sotterraneo che da Cascina
giungevafino ad Antrodoco, a noi rimaneva solo la vista superficiale di
altipiani rasserenanti, definiti dalla geometria delle coltivazioni, dai
recinti e daipochi casolari sparsi. Sulla cresta della Pacima vi erano i
ruderi del Castello di Cascina, risalenti al XII secolo. Quell’antico castello
era natoanticamente come un insediamento rurale poi incastellato, e partecipò
alla fondazione della città dell’Aquila; il suo abbandono fu abbastanzaprecoce, tanto che all’inizio del XIV secolo se ne attestava già una natura
diruta. Rimanevano spesse mura di pietra con varchi di finestre,cumuli di sassi
rivestiti di muschi, ed arbusti solitari a dimorarvi. La vista spaziava sulla
bellezza di entrambi gli altipiani, dove mucche ecavalli si percepivano come
punti di presenze lontane.
sabato 27 gennaio 2018
La Madonna del Cavone tra le frazioni di Torre e Termine di Cagnano Amiterno
L’antica chiesa di San Biagio aveva preso il nome di Madonna
del Cavone, probabilmente in allusione alle grandi cave di sabbia adiacenti,tra le frazioni di Torre e di Termine di Cagnano Amiterno, a cavallo di una
strada sterrata che le metteva in congiunzione. Della piccolachiesa, ormai
diruta, ne rimanevano le mura dissestate, sulla porta d’ingresso la data “1589”
fermava il tempo alla sua edificazione,lontana, così come sbiaditi erano gli
affreschi e gli stucchi dell’altare. Dal XVI secolo ad oggi molte vite avevano
varcato quella soglia,l’interno ormai era dimorato solo da rovi ed arbusti,
gli unici che in quell’area sacra avevano continuato a trovare protezione.
"La chiesa di Madonna del Cavone, precedentemente conosciuta come Chiesa di San Biagio, risale al XVI secolo come testimoniatodall’iscrizione sulla porta centrale recante la data “1589”. L’edificio, di modeste dimensioni e a pianta rettangolare, presenta l’ingressoprincipale sul lato posto a Nord Est. Al suo interno è ancora ben visibile l’altare con gli affreschi del XVI secolo. Secondo una leggendala Chiesa custodisce un antico tesoro; si racconta che qualche decennio fa una nota famiglia cagnanese avesse scavato sotto ilpavimento della stessa alla ricerca di tale tesoro". (Notizie tratte da un cartello informativo del luogo).
"La chiesa di Madonna del Cavone, precedentemente conosciuta come Chiesa di San Biagio, risale al XVI secolo come testimoniatodall’iscrizione sulla porta centrale recante la data “1589”. L’edificio, di modeste dimensioni e a pianta rettangolare, presenta l’ingressoprincipale sul lato posto a Nord Est. Al suo interno è ancora ben visibile l’altare con gli affreschi del XVI secolo. Secondo una leggendala Chiesa custodisce un antico tesoro; si racconta che qualche decennio fa una nota famiglia cagnanese avesse scavato sotto ilpavimento della stessa alla ricerca di tale tesoro". (Notizie tratte da un cartello informativo del luogo).
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sabato 20 gennaio 2018
Fosso Spedino e l'Eremo del Beato Bonanno da Roio
Alle estreme
pendici della Costa Grande si apriva la Fossa di Spedino, una magnifica dolina
da crollo che vista dall’alto infondeva suggestionea causa della sua apparenza
inaccessibile. Le ripide pareti scendevano verticali per decine e decine di
metri di roccia marcia, quasi repulsivealla vista e alla presenza degli uomini, eppure
lì dentro vi dimorò un eremita tra il XII e il XIII secolo, tale Beato Bonanno da Roio.
L’unicoaccesso percorreva un ripido sentiero fino al culmine sommitale di un
ghiaione, da lì si accedeva in un cratere d’ombra dai calcari ossidati ecoperti di muschi, con pochi alberi sul fondo e molti detriti, era una
concavità magnifica, grande, molto suggestiva. L’eremo del BeatoBonanno era
una piccola grotta che dal fondo della dolina risaliva di poco e si collocava
ad Ovest, composta di tre ambienti molto modesti esu livelli differenti. Era
sorprendente la scelta degli eremiti, andavano sempre alla ricerca dei luoghi
più inaccessibili e repulsivi, dove ilconfronto dell’uomo con la Natura era
assolutamente indiscutibile. C’era sicuramente una probabile ricerca del Sublime
[dal lat. sublimis(con la variante
sublimus), comp. di sub «sotto» e limen «soglia»: propr. «che giunge fin sotto
la soglia più alta»], un confronto direttoche metteva al conto tutti i
possibili limiti umani.
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domenica 7 gennaio 2018
Il Castello di Pagliara e il cunicolo segreto della Castellana
Colle Petruccio si impreziosiva della bellezza delle
betulle, che con le loro cortecce chiare contrastavano con l’adombrato versante
Nord delMonte Camicia sullo sfondo. Da lì tutto il filo di cresta si modulava in
saliscendi con uno straordinario affaccio panoramico fino al castello diPagliara, ormai diruto, dove giaceva soltanto una piccola chiesa puntellata e
inagibile. Quelle antiche mura erano i resti di un anticocastello del IX
secolo, forse appartenente ai Conti di Pagliara o di Collepietro, nobile
famiglia di illustri rappresentanti che per cinquesecoli dominò su gran parte
della Valle Siciliana. Cercavamo il cunicolo
segreto della Castellana, dove alcune testimonianze scritte narravanodell’esistenza
di un budello che fungeva da via di fuga naturale nel bosco in caso di assedio
al castello. Erano passati molti secoli da allorae l’unico accesso al
sottosuolo era una cavità terrosa e instabile, troppo pericolosa da indagare.
Sotto la chiesa un ipogeo artificiale fungeva daricovero, purtroppo quelle
mura erano destinate ad ulteriori rovina e abbandono, e ciò che doveva essere
preservato dall’uomo permantenerne la storia era solo contemplato dall’immensa
bellezza della natura.
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sabato 6 gennaio 2018
La Giostra sopra la Valle di Amplero
La Piana di Amplero conteneva un bacino di nebbia che gradualmente
scopriva la sua parte bassa, mostrando il pascolo lento dei cavalli e ildisegno articolato di un rivolo in fuga verso l’inghiottitoio. A monte di un
piccolo colle il bosco custodiva i resti della “Giostra”, una zona diculto racchiusa
da una cinta fortificata, dove una cisterna, un edificio rettangolare, un
santuario ed un deposito votivo erano il cuore diquell’area sacra al popolo
dei Marsi. Negli anni ’70 e ’80 una campagna di scavi portò alla luce molti
reperti e oggetti votivi, interrati non solosul colle ma anche nel resto del circondario:
vi erano moltissime tombe, numerose lapidi e stele, un bellissimo letto d’osso
e le famose“gambe del diavolo”, elementi tuttora custoditi al Museo
Archeologico Nazionale di Chieti. Benché non vi fossero più quei reperti, ma
solobasamenti di mura anonime e sassi dismessi, quell’area continuava a mantenere il suo
fascino sacrale, forse suggerito dalla suggestione del vagare di anime dell'antico popolo dei guerrieri marsi.
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