Dalla Torre
Grossa ammiravamo l’abitato di San Gimignano, con i suoi tetti visti dall’alto
che si tessevano tra loro separandosisoltanto al di sopra di strade e di
vicoli, mentre una folla di gente si riversava nelle piazze fluendo da una parte
all’altra.Scoprivamo in lontananza i rilievi bassi della Toscana e contavamo
da vicino il numero delle torri rimaste in piedi. Iltempo volubile si lasciava
andare a precipitazioni variabili, da una mattinata assolata passavamo alla
percezione deicumulonembi, con l’aria che si caricava sotto lo sfregamento
delle correnti ascensionali. Volterra si vestiva di gente, e della cromiaarmoniosa dei suoi palazzi, manteneva lo stile curato di tutte le città della
Toscana che avevamo ammirato in questi tre giornidurante il nostro giro in
moto. Scoprivamo l’Eremo di San Galgano alla fine di un temporale, con gli
specchi d’acqua dellepozzanghere che ne riflettevano l'architettura
sublimandola. Quello che mi piaceva di più di questa antica abbazia era
l’assenzadi una copertura superiore, come se fosse il cielo stesso a fungere
da tetto a tutte le preghiere dei fedeli.
Firenze era bellissima, con i suoi palazzi, le sue piazze,
le sue chiese che apparivano come una visione superlativa della bellezzaarchitettonica italiana. Ogni angolo regalava scorci unici, con vicoli affollati
di gente sopraggiunta da ogni parte del mondo perammirarla. Santa Maria del
Fiore si apriva allo sguardo in tutta la sua maestosità, tanto da togliere il
fiato, magnifica esorprendente, si ricamava di pietra trovando il bianco nel marmo
di Carrara, il verde in quello di Prato e il Rosso della Maremma.L’ingegno
italiano si era concentrato per secoli su quegli antichi edifici, mantenuti
tutt’ora all’apice della bellezza, e resi fruibilialla collettività con il
saldo di un biglietto d’ingresso.
Percorrevamo in
moto le strade della Toscana, tra colline verdissime sormontate da antichi
casolari, con viali alberati dicipressi, viti, ulivi e campi di grano. Le miti
temperature di fine aprile ci regalavano una percezione unica, dove la naturaappariva educata dall’armonia delle coltivazioni. Raggiungevamo Siena
scoprendola con le luci bruciate del pomeriggio, accesesugli antichi palazzi e
le chiese, viva del contrasto con le prime ombre della sera. Un suonatore di
violino animava un angoloesterno della piazza del Duomo, sfruttando quella
magnifica cassa di risonanza, mentre, poco distante, la gente sostava seduta
perterra nella quiete di Piazza del Campo, come se fosse sospesa al di fuori dal tempo.
Ripercorrevamo
uno dei tragitti più belli del Fiume Aterno, alla scoperta della sezione
territoriale che riguardava Beffi e Goriano Valli, le cui torri si
fronteggiavano da un lato e l’altro del fiumecontrollando strategicamente l’accesso
alla Valle Subequana. Nel Medioevo queste torri di avvistamento
caratterizzavano gran parte della vallata, la loro posizione strategica su
creste ed alturegarantiva il controllo militare, la comunicazione visiva e
la difesa. La vegetazione si infoltiva lungo il corso del fiume,
facendo da cornice al piacevole suono dello scorreredell’acqua. Ritrovavamo l’antico
ponte romano ricostruito, e i segni delle ruote dei carri sull’antica strada
percorsa da Celestino V alla volta di Collemaggio. Quello che mi mancava di
questaparte di territorio era un’indagine all’interno della Chiesa di Santa
Maria Silvana, situata poco più avanti lungo il corso del Fiume Aterno. Il suo
piccolo impianto rurale sorgeva poco distantedall’abitato di Beffi, isolato e
sicuramente poco frequentato ormai da diversi anni. Il portone di accesso,
chiuso a malapena con un filo di ferro, dava adito ad una sala vuota col
pavimento ascacchiera, munita di un altare e decorata su due pareti da affreschi
deteriorati, di cui uno realizzato da Felice d’Alessandro nel 1578 come ex voto.
Le poche notizie storiche sulla Chiesa diSanta Maria Silvana ne attestavano la
presenza già nel XIV secolo, ma vari indizi facevano supporre la precedente
esistenza di un santuario dedicato a Silvano, ipotesi suffragata dal
ritrovamentodi un cippo ( CIL, IX, 3421 ) attestante il culto di Silvano in
questo territorio (citazione). Non ero mai entrata in questa piccola chiesa a
causa del suo tetto fatiscente, da cui filtrava la luce sottomanifestazioni
sferiche, eppure la quiete che la componeva ne tesseva la trama dell’intera
struttura. Raggiungevamo Beffi seguendo un percorso probabilmente appartenuto
ai fedeli, cheanno dopo anno avevano segnato la terra col peso del loro passo.
L’antica Torre di Beffi manteneva la
comunicazione visiva con quella di Goriano Valli, tanto che non potevamo noncontraccambiare il punto di vista dall’altro lato del fiume. La Torre di
Goriano Valli sorgeva poco distante dall’abitato, raggiungibile da un piccolo
sentiero immerso nella vegetazione.La porta di accesso era fortunatamente
aperta, dandoci la possibilità di pervenire alla parte sommitale con quattro
giri di scale a chiocciola, da lì ammiravamo l’intera vallata e scoprivamoun
nuovo punto di vista colmo di bellezza. Di sotto, un cartello di legno
scolorito dagli anni dava alcune nozioni: Castello
di Goriano Valli. L’impianto a pianta trapezoidale simile a quello diOcre è
riconducibile al sec. XIII. La torre circolare eretta successivamente con
funzione di avvistamento e difesa ha pianta circolare all’esterno e ottagonale
all’interno ed è coperta con volta a cupola, in origine era coronata da merli
rettangolari.
Il
Tumulo di Corvaro si innalzava al centro dell’omonima piana, lasciando scoprire,
dietro una recinzione divelta, unamonumentale tomba del VI secolo a.C.
appartenente all’antico popolo degli Equi, fieri guerrieri di montagna del
territorio delCicolano. La sua particolare conformazione definiva dodici
costoloni disposti a raggiera, racchiusi in un’area delimitata da uncerchio
composto di pietre squadrate. Le intermittenti campagne di scavo avevano
portato alla luce 254 tombe, fornendoimportantissime testimonianze sui nostri
antenati ed individuando, al centro del sepolcro, un nocciolo sacro ancorapiù
antico: un piccolo tumulo della Prima Età del Ferro, risalente al IX-VIII
secolo a.C., da cui era stato estratto un notevolecorredo funebre,
probabilmente appartenente ad un personaggio molto importante di quel periodo. Informazioni.
L’Alpe
di Siusi erano immerse nel silenzio, tutti gli impianti erano chiusi, e così
anche gli alberghi e ogni struttura turistica ricettiva. Di tanto in tanto
qualche sciatore appariva come una presenzaremota, ma per poi perdesi negli
infiniti avvallamenti dell’altopiano, ancora abbondantemente ammantato di neve
esegnato dalle tracce delle piste. I venti del Mezzogiorno avevano condotto
fin qui le sabbie del deserto, tanto da contribuire ancoradi più ad
invecchiare quell’ultima visione dell’inverno. La Punta d’Oro scopriva bellissimi
punti di vista, che si aprivano echiudevano sotto il peso della nebbia,
giocando in una scansione di frattali con le molteplici tonalità del bianco.