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venerdì 18 ottobre 2013

Le Betulle della Valle di Teve

Il Vallone di Teve si incassava tra i maestosi rilievi di Murolungo e Monte Rozza, lasciando leggere a tratti la sua conformazione di origine glaciale. Il suo bosco era talmente fitto da ostacolare qualsiasi raggio di sole, eravamo nel pieno di lunga zona d’ombra,e ci rendevamo conto di quanto fosse scuro il luogo dove camminavamo osservando il contrasto degli sfasciumi laterali investiti dal sole, così bianchi da sembrare neve. Eravamo alla ricerca di una specie di pianta che solitamente non cresce nelnostro territorio perché appartiene a climi più freddi, ma che nel Vallone di Teve riusciva ad esistere, poiché era un residuo degli ultimi cicli glaciali: la Betula Pendula. Quei pochi esemplari di betulla stabilivano nel Vallone di Teve una delle più rare stazionidi presenza spontanea dell’Italia centro-meridionale, quasi non volevo crederci quando le scorgevo tra le altre piante, il candore della loro corteccia le contraddistingueva, ma rimanevo sempre in dubbio se potessero o no essere loro, a causa dell’ombra delvallone incassato, se quel candore fosse la loro caratteristica oppure figlio di giochi di rifrangenza. Quegli alberi apparivano come presenze seminascoste, si scovavano solo se cercati, altrimenti non avrebbero mai preso rilievo tra quei faggi maestosie quei lecci secolari, si nascondevano e pareva come se preferissero passare inosservati, protetti dall’uomo in quel magnifico canale boscoso.