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Traversata del Gran Sasso e il Ghiacciaio del Calderone
Stamattina il Gran Sasso era vestito di una femminilità inaccessibile. Il bianco della nebbia velava la roccia in un candido vestito da sposa. Ho sempre pensato che fosse il bianco il colore
delle regine, ed oggi quella montagna era davvero regale. Si camminava passando attraverso nuvole basse, dal cui interno ogni orizzonte si percepiva ovattato e spento, i punti di fuga
correvano solo pochi passi e si smorzavano in leggere stratificazioni di bianco. Il candore delle rocce era accentuato dalla brina, che modellata dal vento ne creava una sottile
estensione. Quel pericolo scorreva impercettibile lungo un ingenuo profilo, così silenzioso e infido, era l’altra faccia della bellezza. Il vento gelido comprimeva le meningi e nella mia testa
prendeva corpo solo un pensiero: sta arrivando. Che sia benvenuta la stagione del freddo, portatrice di meraviglie. Nella giornata di oggi si festeggiava il Franchetti, il CAI dell’Aquila
aveva invitato 99 alpiniste da tutta Italia per percorrere le vie del Corno Grande e del Corno Piccolo. Peccato che il tempo ha eclissato questo incontro così simbolico, costringendole tutte ad
un percorso unico che raggiungeva il Rifugio da Campo Imperatore, escludendo qualsiasi ascensione. Prima dei festeggiamenti sono salita al ghiacciaio, se davvero si doveva
celebrare la femminilità non potevo che recarmi da lei, dalla neve, dalla morena. Nessuna donna poteva esserne superiore nella caratteristica, perché quella era l’elevazione di un’anima sublime.
I ghiacciai sono delle cattedrali di venerazione, e la neve è la manifestazione più tangibile di una divinità.
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