Di ritorno da Tivoli abbiamo pensato di fare tappa a Pietrasecca, una frazione del comune di Carsoli, con l’intenzione di visitarne le grotte. Quella della grotta è una dimensione molto particolare, ha secondo me un valore simbolico molto forte vista la sua conformazione: è il ventre della terra, l’oblio femminile più puro che contiene, un altrove inconscio in grado di terrorizzare. Sono del parere che in questi luoghi si debba osservare il massimo rispetto, perché da un momento all’altro potremmo esserne inghiottiti. La visita è stata una coincidenza molto fortunata, senza saperlo abbiamo chiamato proprio poco prima di una apertura extra-ordinaria a favore di uno speleologo: felicissimi ci siamo uniti al piccolo gruppo. A guidarci c’erano due ragazze, due guide speleologiche che facevano trasparire un grande amore per quell’antro misterioso: parlavano dell’inverno come il periodo in cui la loro grotta si sarebbe finalmente riposata, mi sono bastate queste poche parole per capire la cura che rivolgevano a quella cavità, e la cosa mi è piaciuta molto. Aperto l’ingresso la luce ha messo in fuga i tanti ragni e grilli delle caverne che dimoravano proprio in prossimità della soglia. Dotati di casco, lampade frontali e guanti vivevamo la nostra condizione di ospitalità: lo spazio circostante prendeva volume ai nostri movimenti di luce, mutando di volta in volta e dando corpo così alla propria identità. Un’illuminazione fissa non sarebbe mai stata altrettanto bella, avrebbe appiattito e smorzato molta bellezza di quel luogo così meraviglioso: la realtà non esiste, è solo quello che percepiamo. Dall’ingresso siamo scesi lungo un cunicolo che porta nella sala inferiore e prende il nome di Salone degli Antenati, lì sono stati rinvenuti reperti paleontologici di grande importanza del Pleistocene Superiore, resti attribuiti a quattro mammiferi, quali un orso, una lince, una pantera e un cervo (da cui prende il nome la grotta). Lì sono rinvenute anche antiche monete di datazione differente, alcune riferibili al IV-V secolo d.C. ed una attribuita al XV secolo. Chissà come ci sono finite lì, quale storia ce le ha portate. Per diversi secoli la Grotta del Cervo di Pietrasecca è rimasta nascosta, suggellata dalla frana di un potente terremoto che l’ha conservata intatta fino al 1984, anno della sua riscoperta. Il metodo atomico di datazione Uranio – Torio ne ha stabilito l’età: la prima fase iniziale di concrezionamento risale a ben 850.000 anni fa. La sala successiva che si incontra è quella delle Vaschette, dove a terra molteplici incavi concrezionati nel periodo di maggior stillicidio fungono da bacini per un’insolita e bellissima pavimentazione lastricata d’acqua. Le stalattiti e le stalagmiti investite di luce sembravano delle anime buone, ed ogni cosa sembrava coperta da diamanti. Quel luccichio richiamava alla memoria le stelle, eppure eravamo lì, sotto terra. Le nostre guide speleologiche ci hanno invitato a spegnere tutte le luci e a rimanere in silenzio per entrare a far parte di quel tutto assoluto fatto di buio e oblio, per diventare noi stessi parte della grotta. È stata davvero un’esperienza emozionante, una sospensione assoluta in grado di varcare un’altra dimensione. Cercando su internet qualche informazione da fornire a riguardo ho trovato la pagina che il sito di Pietrasecca dedica alle sue grotte - link.
giovedì 9 settembre 2010
Grotta del Cervo di Pietrasecca
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