Corno Piccolo (2655 m) è un angolo di Paradiso, un’increspatura pietrosa stagliata a contrasto del cielo. Non a caso hanno pensato alle fiamme quando hanno rinominato parte della sua cresta. La sua pietra è bella, compatta, dura. In apparenza inaccessibile trova le vie d’accesso tra rocce scoscese e strapiombi, buchi da comprendere e vie ferrate. Ho pregato tanto un caro amico di accompagnarmici, volevo percorrere la via ferrata Danesi, curiosa delle sue caratteristiche e difficoltà. Quello che mi preoccupava era raccolto soprattutto dalle impressioni delle persone che conosco che sono state lì: le scalette, il buco e il “saltino” sul vuoto. Su tutti questi ha vinto senza dubbio il buco, davvero da comprendere sul come salirlo da soli e in modo corretto. Io non mi ci sono soffermata più di tanto perché sono stata aiutata sia dal mio amico, che mi tirava da sopra, che da un ragazzo che vedendomi in difficoltà mi ha aiutato facendomi la scaletta con le mani (grazie grazie grazie). So che non si dicono queste cose per non passare da pippa, ma è la verità (c’ho pure lasciato un pezzo di gomito tra quelle rocce). Ripreso il sentiero i restanti tratti difficoltosi erano rilegati soprattutto alla consapevolezza dell’esposizione: c’è un punto in cui il Franchetti si vede bene, ma così bene che sta ad un passo! Ma che belle quelle rocce! Se non fossimo oltre i 2600 metri sembrerebbero davvero degli scogli di mare! Ma in fondo il mare c’era, composto dalle nuvole che aggregate sotto di noi ci facevano galleggiare. Anche quello vero si vedeva benissimo. La cima era popolata da un piccolo gruppo di alpinisti, arroccati sotto la croce, che parlavano tra di loro guardando il panorama. Non alzavano la voce e non davano fastidio, la sensazione che provavo era quella di essere con persone amiche in totale tranquillità. Sembrava quasi che quel pezzetto di cima fosse sacra. C’era chi andava e chi veniva, ma ognuno con rispettosa serenità. E poi ho avuto anche la fortuna di riconoscere tra quegli amici sconosciuti il volto del Barone Rosso, persona che ho stimato fin da subito leggendo i suoi scritti, e a cui ho stretto la mano con molto piacere. Ripresa la via del ritorno siamo riscesi per la via “Normale” (che tanto normale non è) tra evanescenti banchi di nuvole che si svaporavano al nostro passaggio. Giorni fa ero venuta a conoscenza del secondo nome di questo percorso, ovvero la Via delle Vacche, denominato così per indicarne la facilità. Io però con tutta la buona volontà proprio non riesco ad immaginarle le vacche che arrampicano. Ricongiunti alla via che prosegue la Ventricini ci aspettava il pezzo più duro di tutti: la risalita del Vallone dei Ginepri (qui potrebbe anche partire l’attacco della Quinta Sinfonia di Beethoven). Che botta. Arrivati al Rifugio Franchetti il nostro unico pensiero era indirizzato al pranzo, nemmeno il tempo di prendere posto ad un tavolo che rincontriamo tra la gente i volti dei ragazzi incontrati in cima, un sorriso di riconoscimento e poi tutti insieme a mangiare. È stata una cosa molto bella. Ripreso il percorso del ritorno che conduce alla Madonnina, abbiamo avuto l’opportunità di assistere ad un nuovo sport estremo: la discesa tra le rocce con i tacchi. Io e il mio amico ci siamo guardati in faccia increduli ed abbiamo avuto entrambi lo stesso pensiero: “sbrighiamoci prima che casca”. Da lì in poi ci siamo messi a fare caso a tutto: la maggior parte della gente che percorre quel tratto è pazza: tantissime persone salivano con le scarpe da ginnastica, i mocassini e c’era pure un infradito; chi si arrampicava sui ghiaioni con i figli per raggiungere una lingua di neve per farsi una foto; chi magari era disposta a crepare pur di non farsi superare, rischiando di inciampare e precipitare di sotto. Ogni commento da parte mia è superfluo. Dovrebbero vietare a chi non è equipaggiato di salire oltre la Madonnina, non per altro perché aumenta di molto la probabilità di coinvolgere il Soccorso Alpino, che di certo non ha tempo da perdere con chi i guai se li va a cercare. Meglio non continuare, voglio mantenere il mio animo tranquillo. Bellissimo Corno Piccolo, oggi mi hai placato l’anima.
domenica 8 agosto 2010
Corno Piccolo per la via ferrata Danesi
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Grazie per la citazione! É stata una gradevolissima sorpresa ed un immenso piacere. Conoscersi poi così, sulla croce di vetta...
RispondiEliminaSon di quelle cose in cui si stenta a credere.
Ed infatti ancora non ci credo. :-)
Bello il Piccolo, da qualsiasi lato lo si raggiunga ma il colpo d'occhio sul liscio e compatto sperone sommitale cui si può godere appena usciti dalla Danesi, lascia davvero senza fiato.
Una nota sugli sprovveduti: anche se un pensiero come il tuo, a caldo, è pienamente legittimo, va detto che la montagna intesa come libertà verrebbe annichilita non tanto dai divieti quanto dai controlli cui si sarebbe necessariamente sottoposti. Potrei riassumere il mio pensiero in questa frase: "tutti hanno il diritto di procurarsi del male". Possa essere una bolla al piede o... un pezzo di gomito. ;-)
Senza questo, forse, non sarebbe montagna.
A rileggerci o alla prossima vetta! :D
Non potrei mai contraddirti! :-) e poi è vero che la libertà è il primo elemento della montagna. Se non ci fosse quella condizione sarebbe tutto perduto! Ripensando all’incontro sono convinta che non poteva accadere in nessun altro modo possibile! Ciao :-)
RispondiEliminaFAGGIO DOCET: ma libertà ovviamente intesa fino alla fine, con i pro i contro e tutte le conseguenze (senza intaccare la libertà altrui, soprattutto quella dei soccorritori)!
RispondiEliminaciao e grazie di queste preziose informazioni. vorrei aggiungere una domanda: è necessaria l'attrezzattura? l'imbrago per autoassicurarsi?
RispondiEliminadipende dall'esperienza, in molti non la usano, io la preferisco
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