L’Abbazia di San Liberatore a Majella sorgeva su un luogo
sacro, erano molti gli indizi che lo lasciavano supporre. In quell’antica terramonasteriale vi era il culto delle acque, la suggestione del contatto diretto
tra uomo e natura, antiche testimonianze velate dalla storia chegiungevano
solo in parte fino a noi, ma che nonostante questo non perdevano il fascino
intrinseco del loro valore. Oltre al rigore elegantedella pietra lavorata
della Majella vi era l’essenza della spiritualità. Su di una delle pareti
esterne trovavo l’incisione di un fiore della vita, nonsapevo che lì ce ne
fosse uno, la sorpresa mi lasciava incantata, come a ricevere un dono
inaspettato, bellissimo auspicio nel primo giornodell’anno. Un sentiero
scendeva fino al fiume per poi attraversarlo e risalirlo: poco distante vi
erano le famose tombe rupestri ricavate nellaparete rocciosa alla destra
orografica del Fiume Alento. Gli storici supponevano si trattasse di un luogo
di sepoltura di un piccolo gruppoeremitico stabilitosi lì intorno all’XIII-IX
secolo. Un cartello informativo ne descriveva la struttura: "composto da una parete lungacirca venti metri in cui sono collocate
tre tombe scavate nella roccia, una piccola nicchia ed una cappellina, le tombe
sono del tipo adarcosolio, utilizzate nelle catacombe cristiane soprattutto
dai ceti nobili. Questo genere di sepoltura può ritenersi non successivo al Xsecolo. Proseguendo lungo la parete e attraversando una piccola cappella che
racchiude una vasca con funzione di acquasantiera, tregradini portano a un
podio, su cui doveva poggiare una statua, sulla parte retrostante del podio
sono visibili resti di affreschi illeggibili acausa dell’umidità". (Testo tratto
da un cartello informativo del luogo a cura del Parco Nazionale della Majella).
sabato 1 gennaio 2022
Il fiore della vita a San Liberatore a Majella e le tombe rupestri di Serramonacesca
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