Da tempo le intuizioni correvano lungo i profili più morbidi del Gran Sasso. Sentivo il richiamo dei pendii erbosi e aperti, lontani da chiunque avesse potuto disturbare. Cercavo la quiete agli sgoccioli di primavera, dove il sole baciava la terra e l’erba cominciava a bruciarsi. La strada del Vasto scopriva le montagne basse, quelle in cui la calma apparente disegnava ore e ore dimetafisica. Le mucche e i cavalli riposavano al sole componendo parte di quella visione perfetta. Niente, assolutamente niente avrebbe potuto infastidirmi. Venivo invasa di nuovo daquell’amore profondo e radicato per la mia terra, per le mie montagne, era tanto tempo che non salivo sulla catena Gran Sasso, come era possibile che fosse passato tutto questo tempo?Sembrava come se una nostalgia dolce mi riportasse indietro, nella memoria di un tenero incontro tra amanti. Quei sassi erano tutto per me, la loro essenza si ramificava nella mia anima inmaniera così viscerale da farmi comprendere che in fondo eravamo fatti della stessa materia, perché noi siamo la nostra terra: è un legame profondo di appartenenza materna, di sentimenti complementari e di incastri perfetti.
sabato 18 giugno 2011
Pizzo Camarda da Fonte Mosca
Etichette:
fonte mosca,
gran sasso,
lago di camarda,
piano di camarda,
pizzo camarda,
valle del vasto
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Ciso Sara
RispondiEliminaIl tuo splendido commento mi da lo spunto ad alcune riflessioni chiaramente soggettive e non universalizzabili. Io ho percorso per decenni le pareti del gran sasso ritenendomi una sorta di globulo rosso del sangue che scorreva nelle vene del gigante Aligi (il gran sasso degli abruzzesi). Mi consideravo una parte integrante della montagna. Poi....
poi scoprii i ghiacciai..
ed allora mi sentii a mio agio nelle nevi eterne. Il m. bianco, il rosa, l'eiger.... Scorrevo come l'acqua di scolo durante il giorno e la notte mi congelavo e mi fondevo con i ghiacci.
Poi...
poi scoprii le grotte....
io che avevo timore dei luoghi chiusi e bui, mi confusi con le tenebre e mi infilai nei più tetri abissi con la certezza di entrare (rientrare) nell'utero protettivo della madre terra. Mi muovevo dentro la terra come un feto in evoluzione e l'uscita dagli abissi era sempre una sorta di traumatica (ri)nascita.
Poi ...
poi ci furono i fiumi e le foreste ed anche il cielo......
Poi...
poi scoprii i deserti..
io credevo di essere adattato al freddo, alla neve, alla vertigine......ma non era così. Quando camminai per la prima volta nel deserto scoprii di essere parte integrante di esso. Il terreno rovente si confaceva alla mia mente. Forse i miei cromosomi ricordavano che l'uomo è nato in africa e che allora non era altro che il mio ritorno a casa.
Allora cosa si può dedurre da questo.
Credo la risposta migliore possa essere dedotta da un canto navajo : la canzone della notte:
“Nella casa della lunga vita io cammino
nella casa della felicità io cammino
la bellezza è davanti a me. io cammino con lei
la bellezza è sotto di me, io cammino con lei
la bellezza è sopra di me, io cammino con lei
la bellezza è tutt'intorno a me, io cammino con lei
nel viaggio della vecchiaia io cammino con lei
e sulla pista meravigliosa io cammino con lei.
Sono veramente suo figlio
Sono veramente il figlio della Terra.”
Ecco, forse io sono fortunato perché il Creatore mi ha dato la possibilità vedere, apprezzare, comprendere e godere della BELLEZZA.
Aprite questo link e leggete.E' molto istruttivo e forse a qualcuno potrebbe sorgere il dubbio del nostro posto nel creato ed i rapporti con la nostra terra....e forse si potrebbe capire meglio quello che descrive Sara.
RispondiEliminahttp://win.sentierorosso.com/Sito%20vecchio/caposeattle.htm
Grazie per avermi fatto leggere questa lettera meravigliosa, è bellissima e dolorosa, è vera. Fa riflettere su molte cose, soprattutto sul declino dell'essere umano, che con la sua "progressione" dimentica chi veramente è..
RispondiEliminaE' proprio vero, quando si sente " il richiamo dei pendii" quella "BELLEZZA" diventa la nostra essenza più profonda che ci accomuna, con le emozioni e le pulsioni, a chissà quali preistorie del genere umano.
RispondiElimina