Le vallate innevate hanno la stessa capacità dei grimaldelli, sono in grado di aprire la mente verso una presa più diretta delle emozioni. Quello che si sente è senza dubbio amplificato e più è grande e isolata la valle e più questo sentimento è forte. Con la
neve i riferimenti si annullano in una monocromia silenziosa, tutto scompare, ed ogni intrusione è esaltata perché sopra quel piccolo deserto bianco ci si ritrova a contrasto. Dipende dallo stato
d’animo trovare il punto di vista perfetto: quella energia o si assorbe sentendosi parte di quella terra, o si contrasta in consapevolezza della nostra inezia in relazione. Ma in ogni modo si
è costretti a viverla. Anche se oggi non si toccavano questi gradi ideali di elevazione, i Piani di Pezza, tuttavia, erano molto suggestivi. La neve di certo appiattiva le distanze, ma peraltro,
intorno intorno, la boscaglia delimitava confini confortanti. Questa mattina sulla piana non c’era nessuno: la neve era completamente immacolata e si snodava intatta per chilometri
davanti ai nostri occhi. Dopo tanto tempo finalmente potevamo riprendere gli sci da fondo. Eravamo in due, io ed una mia amica, aveva scelto lei di venire qui. La neve fresca poneva resistenza ai
nostri movimenti, ma il piacere di proseguire tollerava la fatica, così sfangavamo a turno in direzione di Capo Pezza. I piccoli laghetti di ghiaccio accoglievano tutto intorno cavalli e stalloni,
alcuni si muovevano con molta energia, alzando la neve come la polvere. Incuriositi dalla nostra presenza si avvicinavano e ci guardavano, avevano fame, ci scrutavano sbruffando, cercando di
capire se avessimo del cibo per loro; ma una volta indispettiti trottavano via, dando scena alla meccanica più bella del movimento. I loro profili neri erano bellissimi, si muovevano
fluidi, articolandosi morbidamente fino all’estremità delle criniere. Solo a guardarli i sentimenti si rinnovavano alla forza e alla passione per la libertà.

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