domenica 10 ottobre 2010

Monte Pescofalcone da Guado S. Antonio di San Nicolao di Caramanico

Non potevo immaginare che fosse così bella la terra dei miracoli, ma d’altronde se i Santi l’hanno scelta a dimora ci sarà pure un perché. E questo perché si sente: si sente mentre la si percorre, si avverte mentre la si osserva, si comprende quando la si respira.La Majella è da sempre la Madre Sacra per gli abruzzesi. Questa sacralità monumentale è emanata di continuo dalla terra, e ad ogni calpestio si diffonde maggiormente, come il profumo dei fiori. Ne intuivo la bellezza ma davvero non potevo immaginarne cosìtanta. È aspra e selvaggia nelle sue particolarità, ma se percepita nell’insieme è lineare e morbida, nobile e sensibile. Partiti dal lato di San Nicolao di Caramanico, precisamente nei pressi del Guado di S. Antonio, abbiamo seguito una traccia ben visibile fino alRifugio Barrasso (1542 m). Da lì in poi le tracce comparivano e scomparivano in ometti di pietra e accenni di calpestio. Il primo miracolo di bellezza si adagiava sul Prato della Corte, sotto Monte Rapina (2027 m). Il falasco secco assumeva il colore giallo dell’oro, tanto che a contrasto con il cielo sembrava sabbia di mare. Non è tanto assurdo questo riferimento, certo è che un tempo (cinque milioni di anni fa) tutto questo si trovava sul fondo dell’antico mare chiamato Tetide. Anche i pini mughi sembravanoarbusti di scogliera. Recuperato il sentiero dopo un infratto terribile, passo dopo passo siamo saliti in vetta, seguendo il segnale di piccole fettucce e di ometti di pietra calcarea. Il secondo miracolo di bellezza era l’interspazio tra il massiccio sucui ci trovavamo noi e quello del Morrone: quest’ultimo sembrava un’isola che veniva fuori dall’acqua limpida, sintesi di una caligine trasparente. Il vasto pianoro sommitale della cima di Monte Pescofalcone (2657 m) era un elisio in terra, con molta facilitàmi veniva da attribuirlo ad una visione di Paradiso. Le tantissime montagne in lontananza scandivano lo spazio in una stratificazione intellegibile, bellissima e leggera. Sembravano acquerelli stesi in una delicata tonalità di indaco. Mi veniva dapiangere. Sembravano il ritmo della Sonata al chiaro di luna di Beethoven. Una sinestesia perfetta (terzo miracolo). La cima di Monte Amaro (2793 m) era davvero a poca distanza da noi, e inizialmente avevo proposto ai mie due amici di andare anche lì,perché ne ero fortemente attratta. Ma in fondo questa cosa avrebbe mancato di rispetto a questa montagna, e noi eravamo venuti qui solo per lei: credo che il procedere oltre per raggiungere quella vetta più alta avrebbe inevitabilmentesminuito la nostra prescelta, e noi non potevamo farle questo. Sulla via del ritorno le nuvole sotto di noi si erano così addensate da riconfermare la visione del mare (miracolo numero quattro). Il massiccio del Gran Sasso era l’isola più bella che un navigantepotesse immaginare, ma quel mare mi  faceva paura, a volte compatto e a volte cavo, sprofondava in affossamenti ripidissimi in grado di risucchiare ogni cosa. Credo che questa visione avrebbe inquietato qualsiasi viaggiatore. Inevitabilmente,scendendo di quota, ci siamo immersi anche noi in quell’abisso che amalgamava tutto in un’unica dimensione: abbiamo così attraversato il limbo e siamo tornati di nuovo sulla terra. Il GPS è fondamentale in luoghi simili, senza è davvero facile perdersi in caso di nebbia. I suoi dati indicano una distanza di circa 14 km, con un dislivello in salita di 1570 m, e in discesa di 1520 m.

1 commento:

  1. Della Maiella ho scalato fino ad un rifugio che non ricordo il nome, ci siamo incamminati dalla Maielletta. bellissima montagna, peccato che nelle gite... c'è chi non cammina, comunque mi ha impressionato per la sua grandezza e per lo scenario. ti saluto

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