Finalmente, dopo anni, sono tornata a visitare Castello Camponeschi, un borgo fortificato di grande bellezza che con la sua collocazione collinare si equidistanzia dalle due vie principali che portano da un lato verso l’altopiano di Navelli, e dall’altro nella Valle dell’Aterno. Davvero una posizione centrale, strategicae preziosa. Alessandro Clementi, storico di grandissima importanza e profondo conoscitore del territorio abruzzese, ha delineato in breve alcuni accenni storici (che riporto fedelmente di seguito), ripresi da una tabella informativa della Comunità Montana. Castel Camponeschi o più propriamente Castello diPrata, in quanto solo nel sec. XV la famiglia Camponeschi ne ebbe la giurisdizione feudale, nasce in seguito alla distruzione della città romana di Peltuino, fondata come città fiscale durante il fiorire del fenomeno della transumanza di cui segue il destino. Cessata la funzione fiscale per cui nasce, la città muore e solo inforza del fenomeno dell’incastellamento vedremo sorgere i numerosi borghi fortificati che punteggiano l’altopiano. Tali borghi sono frutto della grande paura e della necessità di seguire la logica degli insediamenti di altura più facilmente difendibili. Tra i tanti castelli il più conservato è appunto il CastelCamponeschi ovvero Castello di Prata. La sua attuale fisionomia viene tuttavia importata in epoca normanna quando si doveva rispondere a due esigenze di fondo: la fortificazione che dà sicurezza, anche psicologica, e la necessità di gestire un territorio che abbia sicuri riferimenti demici. Cessate le ragioni chespingono a incastellare, il borgo tende a slittare verso la pianura, appunto le prata donde Prata d’Ansidonia. La sua struttura, a differenza di altri borghi dell’altopiano è caratterizzata da una cerchia di mura che in gran parte non coincide con i muri esterni delle case, rimanendo esse staccate dalle mura stesse. Esempioillustre di questa modalità di incastellare fu nel sec. XIII Monteriggioni di Siena. (Prof. Alessandro Clementi). Questo luogo meraviglioso è stato purtroppo depredato nel corso degli anni e attualmente vive uno stato di abbandono. Per visitarlo ho consegnato una richiesta scritta al sindaco, e fortuna ha volutoche l’impiegato comunale che mi ha accompagnato fosse proprio nativo del castello, una delle ultime persone che con la sua famiglia ha vissuto lì, figlio di secolari generazioni locali. Mano mano che percorrevamo quelle vie lastricate di pietra leggevo nei suoi occhi una sorta di commozione: la memoria della sua infanziariaffiorava ad ogni nostro passo, rievocata, fino ad arrivare ad un culmine sensibile in cui ha cominciato a raccontarmi dei suoi ricordi vissuti da bambino, di quelle fredde sere invernali in cui sopraggiungevano i lupi e di quelle nevicate così abbondanti da interrompere tutte le comunicazioni con il paese. Mi facevavedere quale fosse la sua casa e quella di sua nonna, che indispettiva sempre con gli scherzi, il posto dove giocava e dove suo padre coltivasse l’orto. Non posso che essere molto grata a quest’uomo, perché mi ha fatto percepire quel luogo con il suo punto di vista, e non può esserci approccio più bello di quello dicolui che ama. Lasciato il Castello io e i miei amici ci siamo recati nel paese di Prata d’Ansidonia dove si trova una bellissima osteria, il Borgo dei Fumari, un vero e proprio ristorante-museo, di cui ho sempre sentito parlare molto bene, e non poteva esserci occasione migliore di questa per andarci. (La locanda ha un sitoweb, QUI il collegamento). Non solo il posto è bellissimo e curato con amore in ogni dettaglio, ma si mangia anche molto bene. Ogni stanza è dotata di un fumaro (camino) e di una propria identità sottolineata dall’attribuzione di un nome: c’è quella delle rondini, quella delle stelle, quella del castello (dove abbiamo mangiato noi)e tante altre, curate ognuna in ogni minimo particolare che sa di Abruzzo e di tradizione. Alla fine del pranzo, mentre ci complimentavamo di tutto con lo chef-proprietario, quest’ultimo ci ha suggerito di proseguire la nostra visita nel paese, indirizzandoci soprattutto nella chiesa di San Nicola, dove al suointerno è custodito un Pulpito riconosciuto il più bello d’Abruzzo. Riporto di seguito un testo scritto dal Sac. Domenico Marcocci, che traccia alcune informazioni riguardo questo gioiello scultoreo. L’ambone del XIII secolo non fu costruito per questa chiesa, ma per la vicina chiesa rurale di San Paolo che all’epocaera certo il monumento più degno per accogliere questo gioiello. Fu trasportato in questa chiesa nel 1796 ed è ben conservato. Sul lato sinistro, sopra alle figure di San Paolo tra i Santi Tito e Apollo, la data e il committente: “Anno del Signore 1240. Questa opera che decora la tua Chiesa, o Beato Papa, degnati diaccettarla dal clero che ti onora. La fece scolpire il Prevosto servo di Cristo Tommaso. Costoro e coloro che dettero la loro opera rendi beati, o Cristo”. È classificato come il pulpito più bello d’Abruzzo per alcune caratteristiche esclusive, l’eleganza ornamentale, novità stilistiche, finezza e sicurezza di lavorazione.C’è anche chi afferma che, per il suo genere decorativo e stilistico, la sua importanza va ben oltre i confini regionali. I temi ornamentali principali sono foglie di cardo e fiori tipici dell’Abruzzo. Originalissima è la statuina femminile al centro del lettorino semicilindrico. Il suo abbigliamento e la posa sempliceed armoniosa sono caratteristiche delle donne abruzzesi dei tempi passati quando portavano sulla testa la caratteristica “conca” piena d’acqua. Le parole “in principio” incise nel libro sulla testa della statuina, sono le parole iniziali della Bibbia e nel Vangelo di San Giovanni. L’aquila che tiene il libro con gli artigliè un’immagine frequente nella simbologia cristiana. Sotto le arcatelle di destra e sinistra del lettorino i simboli eucaristici dell’uva e del frumento. L’autore è sconosciuto, ma dallo stile dovrebbe essere un artista del centro-sud d’Italia.
giovedì 21 ottobre 2010
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