La notte a volte è morbida, contiene i volumi, li controlla, e modella solo quello che vuole far vedere. Ero stata già altre volte in questo posto, ma sempre di giorno: il silenzio che avevo percepito lì con la luce ora era amplificato dal buio. Pensavo a John Cage e alla sua celebre 4’33. È incredibile quanti suoni e quanti rumori può contenere il silenzio. Alcune gatte tracciavano quei piccoli vicoli, e il loro passaggio sottolineava ancora di più quella dimensione pulita, lineare e anacronistica di una notte semplice. Le luci dei lampioni immortalavano una quarta dimensione, sembrava sogno? Sembrava realtà? Se ci ripenso adesso quello che mi torna in mente è più vicino ad una condizione onirica che ad altro. A volte ci sono degli spazi metafisici che sintetizzano tutto e si proiettano nell’anima. Sono posti che si ripetono di città in città, di paese in paese. Potrei passare ore ad assistere a tutto questo. Pensavo a De Chirico e a Federico Fellini. Solo un angolo di Campana era vissuto dalle voci di alcuni apprendisti funamboli e dal rumore sordo dei colpi di frusta delle corde che, indomabili, si rimpossessavano bruscamente della loro originaria tensione. Ma la cosa non disturbava quel contesto, in fondo erano tutti giochi di equilibrio. Mi manca la montagna. Ora più che mai. Ultimamente sto vivendo più la notte che il giorno, e la cosa mano mano mi stadisorientando. Il video non è di questa notte ma di qualcun altra fa, dove ero in un altro luogo, con altri amici. Tra funamboli, giocolieri e dansatrici del fuoco forse ho capito dove si colloca l’altrove. Benedetta notte, sei dolce come il bacio di mia madre.
lunedì 19 luglio 2010
Campana
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Campana è il paese, piccola frazione del comune di Fagnano Alto in provincia di L'Aquila.
RispondiEliminaCampana è il poeta, eccellente autore dei Canti Orfici.
Fuori è la notte chiomata di muti canti,
RispondiEliminapallido amor degli erranti.
E' probabile che sia solo questo l'unico Amore possibile, ma solo perchè è impossibile. :-)
RispondiElimina;-)
RispondiEliminaNel quadro della porta aperta le stelle brillarono rosse e calde nella lontananza: l’ombra delle selvaggie nell’ombra.:-)
RispondiEliminaMa quale incubo gravava ancora su tutta la mia giovinezza? O i baci i baci vani della fanciulla che lavava, lavava e cantava nella neve delle bianche Alpi! (le lagrime salirono ai miei occhi al ricordo). Riudivo il torrente ancora lontano: crosciava bagnando antiche città desolate, lunghe vie silenziose, deserte come dopo un saccheggio. Un calore dorato nell'ombra della stanza presente, una chioma profusa, un corpo rantolante procubo nella notte mistica dell'antico animale umano. Dormiva l'ancella dimentica nei suoi sogni oscuri: come un'icona bizantina, come un mito arabesco imbiancava in fondo il pallore incerto della tenda.
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