Dalla chiesa di Santa Maria ad Cryptas (ancora chiusa per i
restauri) salivamo un sentiero in direzione del Monastero di Sant’Angelo d’Ocre,quel luogo di beatitudini manteneva intatta la quiete che lo distingueva da secoli, congiunta alla ricchezza della sua storia e alla bellezza del suopaesaggio. Il
complesso di Sant’Angelo ci appariva da lì come uno stralcio di Meteore greche,
ma ferme nella roccia strapiombante, piùaspra e sconnessa, circondata dalla
vegetazione. Ammiravamo dall’alto il suo bellissimo chiostro ricolmo d’assenza,
da anni non vi era piùnessuno, vi era a malapena un piccolo altare posto all’esterno
del porticato ad accogliere le preghiere dei fedeli.
Il fenomeno della
degradazione delle rocce carbonatiche nei millenni aveva generato veri e propri
crateri di enormi proporzioni, persecoli erroneamente ravvisati come antichi volcani estinti, erano invece doline magnifiche,
tra cui la straordinaria Fossa Raganesca, chesprofondava sotto i nostri occhi
e si apriva con un diametro di circa cinquecento metri. Il cielo si apriva e
chiudeva alternando pioggia esereno, e donando al bosco un fascino unico. Il
Castello d’Ocre, posto sulla sommità di Monte Circolo, era avvolto da tutta
quella vegetazione,i suoi ruderi pericolanti gravati dal peso dei terremoti non
permettevano accessi. Da lì ammiravamo Fossa e l’Eremo del BeatoPlacido da Roio, si apriva la Media Valle dell’Aterno, ritmata dai lotti cromatici dei campi
coltivati, e sovrastata dalla visione lontanadella mole maestosa del Gran
Sasso d’Italia. Seguivamo antichi sentieri alla volta del Tempio di Giove,
sopra l’abitato di Casentino, dove remotiblocchi megalitici designavano la
grandiosità di un sacro Podio dedicato al dio. Quella zona così ricolma d’acqua
ramificava al suointerno antichi acquedotti, entravamo per curiosità in uno
dei suoi accessi fattibili trovando le testimonianze di chi prima di noi c’era
statoe vi aveva inciso il suo nome.
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