A Pescina il
tempo si fermava sotto la torre di San Berardo, si tratteneva tra le pietre rivestite
di muschi e le finestre affacciatenel vuoto, sotto tetti sfondati. Era trascorso
un secolo dal gennaio del 1915, e quel vuoto si colmava soltanto dei rovi chepermettevano
alla natura di riappropriarsi della parte più vecchia del paese. La strada
saliva suscitando la suggestione nostalgica diFontamara, parevano i vicoli, le piazze e le case che Silone
ricordava nel suo esilio, divenendo l’espressione concreta di unpaese fatto di
memoria. Il rilievo montuoso al di sopra del paese ospitava i resti dell’antico
castello, di cui ormai ne rimanevanoissate soltanto poche mura e la torre
pentagonale. La bellezza di quella posizione dominante era dovuta alla
strategia di controlloche in passato si voleva avere sul fiume Giovenco all’ingresso
del Lago Fucino, per impedirne l’accesso da Ovest alle sue acque,mentre adesso
si colmava della visione geometrica delle coltivazioni, scandite dai colori
differenti dei diversiappezzamenti. La Piana del Fucino era quello che Secondo
Tranquilli desiderava guardare per sempre, oltre la vita e lamorte, “mi piacerebbe essere sepolto così, ai piedi
del vecchio campanile di San Berardo a Pescina, con una croce di ferroappoggiata al muro e la vista del Fucino in lontananza. Ignazio Silone”.
lunedì 12 gennaio 2015
La Rocca Vecchia di Pescina
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