Di notte era
arrivata la neve anche sulle nostre montagne, il Maestrale portava con sé
talmente tanto freddo da far precipitarele temperature intorno allo zero. Guardavamo
in direzione di monte Calvo e scoprivamo gli alberi imbiancati di una
consistenzasoffice. Salivamo sulla montagna a salutare la prima neve, come un’accoglienza
rituale, l’inverno si era addossato all’autunno conprepotenza, coprendo una
vegetazione che ancora non andava a riposo. La natura giocava con le tonalità
calde del giallo edell’arancio degli aceri, con quelle verdi dei faggi,
portando su di loro il bianco candore della neve. La terra sotto era ancora
calda,così viva, tanto da spogliarsi in chiazze di erba, regalando la visione
di una condizione unica. Più salivamo e più le nuvolesvaporavano in nebbie
leggere, lasciavano scoprire a tratti le vallate sottostanti che ospitavano i
paesi e la città, ricche delcontrasto dei colori d’autunno. Tutto pareva vestirsi, anche la croce di vetta lo
faceva, così merlettata dai ricami della calaverna.
lunedì 29 ottobre 2012
Monte Calvo e il saluto alla prima neve
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domenica 28 ottobre 2012
Pettorano sul Gizio e il vallone di Santa Margherita
“Vedesi la terra con il suo castello e i
suoi casamenti edificata su un poggio, che è un masso di roccia calcarea e
arenaria, cui fa ridente una falda di declive collinetta, ove dappertuttoverdeggia l’olmo, il gelso e l’ulivo. Le case volte in parte ad oriente, in
parte ad occidente, si innalzano in ambo i lati come per gradi l’una sull’altra,
onde il viatore che percorre la stradacarrozzabile, la quale tocca l’abitato
da mezzogiorno, e di poco vi si discosta dalla parte orientale, vede da questa
banda metà della Terra in gradevole aspetto e metà riman celata nell’altra.Ma è
bella e pittoresca per chi la guarda da ponente col fiume Gizio che ai piedi le
scorre e quasi ne bagna con mormorio festevole le mura”. (Tratto da “Il regno delle due Sicilie descrittoe illustrato” di Pietro de
Stephanis). Pettorano sul Gizio manteneva ancora tutta quell’antica bellezza, le
sue stradine così strette salivano nel paese serpeggiando tra case e palazzi,lasciando scoprire mano a mano un borgo ancora fortemente immerso nella storia.
Castello Cantelmo appariva all’improvviso dopo un vicolo in tutta la sua
maestosità, la sua piazza ammiravail vallone di Santa Margherita, dove lo
sguardo saliva fino a raggiungere monte Genzana. Il CAI di Sulmona celebrava i 90
anni dalla sua fondazione, questa escursione era il modo difesteggiare il suo
compleanno, con un’intersezionale che raccoglieva molte adesioni. Il vallone di
Santa Margherita prendeva il nome dalla patrona del paese, Santa Margheritad’Antiochia,
che a differenza degli altri santi non aveva il santuario all’interno del
paese, ma fuori, nei boschi della suddetta vallata, lontano dalla comunità, nei
pressi della sorgente delfiume Gizio in quanto considerata la protettrice
delle acque. Il bosco si animava dei colori dell’autunno con la luce che evidenziava
i toni dell’arancio. Nei pressi della chiesa, antichemura ciclopiche portavano la memoria di un santuario di culto italico: il luogo manifestava da tempo
immemorabile l’energia delle sorgenti, lo sapevano bene i santi e i nostri
antenati.
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domenica 21 ottobre 2012
Il Fosso Bianco e la Cascata della Balena
L’acqua
scivolava lentamente sulla roccia, senza zampillare, accostandosi alla pietra
in uno strano gioco gravitazionale. Sgorgava calda, vestita dei fumi dei vapori
acquei, scolpendo con il suo passaggio concrezioni indescrivibili. Quel fosso
segnava sulnero della terra vulcanica una sinuosa linea bianca, che scendeva a
valle in piccoli salti, passando per numerose vasche e piscine naturali. La vegetazione
inglobava ogni cosa, lasciando scoprire di volta in volta i passaggi per
raggiungere le vasche. La BalenaBianca
appariva tra i rami con la sua mole grandiosa, così insolita nelle forme, così
straordinaria, tanto evocativa e ricca di suggestioni. Vestita di fumo si
disegnava delle concrezioni delle grotte: sotto la volta del cielo portava
nelle sue forme l’internodella terra. La gente, immersa nelle vasche, giaceva
nel riposo di un silenzio collettivo, tanto da non contrastare con la natura
accogliente, ma facendone parte in una visione rilassata. Sul fare della sera il
bosco si scuriva alla ricerca della notte, tutto sipreparava al riposo, e, mentre
crescevano le ombre, l’acqua bianca esaltava maggiormente il suo contrasto. Bagni San Filippo si trova in una conca verde
fra due torrenti montani con acqua tutto l’anno, la sua particolare posizione,
all’interno del parcodetta Val d’Orcia e a pochi chilometri da Abbadia San Salvatore.
Le origini di Bagni San Filippo si fanno risalire ad epoca romana, dopo i ritrovamenti
archeologici avvenuti nel 1898 nel piano di Vignone, immediatamente sopra l’attuale
agglomerato urbano.La presenza delle acque calde sorgive fece la fortuna di
Bagni San Filippo che, durante l’alto medioevo, conobbe un periodo di grande
fioritura sotto il dominio dell’Abbazia di Abbadia San Salvatore. Nel 1566 il
duca Cosimo I de’ Medici incaricòl’architetto e ingegnere idraulico
Baldassarre Lanci di ristrutturare i vecchi bagni termali che, a causa di un
naturale spostamento delle acque, avevano perso parte delle loro potenzialità. Le
acque termali sono state, nel corso della storia,oggetto di innumerevoli
trattati, di cui se ne meravigliava la capacità curativa per moltissimi tipi di
malattie sia respiratorie che ossee. Caratteristici del Fosso Bianco sono i
depositi calcarei di cui la più imponente e suggestiva formazione è lacelebre “Balena
Bianca”. Questa collinetta di origine calcarea era la primitiva sorgente delle
acque sulfuree, e tutt’ora l’acqua torna a sgorgare da qui. Intorno al bollore
si respira un’aria balsamica dovuta, oltre al particolare odore delle acque,
allapresenza della vegetazione tipica del nostro paese composta di timo, menta
verde, salvia ect. L’eremitaggio di San Filippo Benizi nei boschi di Bagni San
Filippo dovrebbe datarsi intorno al 1269 quando, a seguito della morte di papa
Clemente IV, il santofiorentino era indicato come primo candidato all’elezione
alla soglia pontificia; per evitare di diventare papa il Benizi si rifugiò,
secondo la tradizione, in una grotta proprio nei pressi di Bagni San Filippo. La
grotta, scavata dentro un enorme blocco ditravertino, è tuttora un luogo di
culto di grande suggestione e spiritualità. (Notizie tratte da una tabella informativa
all’interno dell’hotel Gambrinus di Abbadia San Sanlvatore - provincia di Siena).
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