venerdì 22 agosto 2025

I ruderi dell'antica chiesa di Sant'Angelo sopra Arischia

Una modesta collina sopra l’abitato di Arischia un tempo celebrava il culto di Sant’Angelo, ce lo narravano i resti, ormai del tuttoanonimi, che sorgevano sulla propaggine collinare alla base tra il Fosso delle Pescine e il Fosso di Monte Omo. Poche mura rimastein piedi, nascoste nella pineta, tra la quiete e l’odore di resina, definivano un luogo assai remoto e al tempo stesso vicinoall’abitato. Trovavamo i resti di Sant’Angelo grazie alle indicazioni di Marino, un abitante di Arischia che fortunatamente ci avevafornito le giuste indicazioni, le coordinate trovate sul web davano una collocazione errata, le giuste coordinate erano queste:42°25'20.60"N 13°20'29.70"E
Di un certo interesse anche la chiesetta di S. Angelo (localmenteSantàgneru) ormai semidiruta che si trova a q. 936 sul colle omonimo a S del quale si estende Arischia. Ai piedi dei ruderi sonopresenti alcune piccole grotte di cui è difficile individuare il primitivo utilizzo. La posizione della chiesetta che consente di spaziare a larghissimo raggio potrebbe far pensare che sia stata edificata sui resti di una preesistente torre di avvistamento o rocca (?)Andrebbero fatti degli scavi per meglio indagare anche la datazione della chiesa. Il Mariani ricorda a sua memoria che il 29settembre vi si celebrava la festa di S. Michele Arcangelo. Va osservato che il culto di S. Angelo è sempre legato alla presenza digrotte. (Testo in corsivo tratto da “Fuori Porta la Montagna” a cura di Carlo Tobia, del Gruppo Culturale L’Arca, 1998).




domenica 17 agosto 2025

Visita a Castel di Ieri: dalla Torre Medievale, al Tempio Italico, all'Eremo della Madonna di Pietrabona

La bellissima torre medievale del XIII secolo culminava un groviglio di vicoli fitti di porte e finestre, e svettava sulla valleguardando ancora solenne l’antica via Tiburtina-Valeria. Le sue fattezze rigorose, dovute alle antiche funzioni militari, giungevanoa noi attraverso i secoli, tra terremoti e riadattamenti, svelando segretamente incisioni, scritte e triplici cinte. Il vecchio fornodel paese, ancora in uso su iniziative locali, dava sfoggio del suo valore ancora funzionale, fatto del tempo che non toglie maaccresce: il passato narrava tutta la sua importanza, fatta di storia e tradizioni, con la fortunata consapevolezza e la cura di chilo voleva mantenere. Lo leggevamo negli occhi di Michela, nostra guida della Pro Loco "La Torre", che ci accompagnava alla scopertadel suo territorio, con la premura di condividere ogni angolo di bellezza. La vecchia chiesa di Santa Croce aveva come cupola lalirica della volta del cielo, dove angeli in pietra guardavano altrove, come raccolti nei loro pensieri, o indietro nel tempo, a Castel di Ieri.La bellezza essenziale della pietra svelava un po’ ovunque i fiori della vita, bisognava saperli cercare, soltanto uno era molto evidentesulla bellissima bifora con colonnina tortile di Palazzo Simonetto, tra fregi longobardi e porte murate, lacerti di affreschi, bassorilievidi compassi e stelle. Scoprivamo anche il lazzaretto e il quartiere ebraico, con l’accoglienza benevola degli abitanti. Poco fuoriil paese, nove gradini davano accesso all’antico basamento in pietra del Tempio Italico, impreziosito dal labirintico decoro di unmosaico a meandro e croci uncinate omaggianti il sole. Tanti piccoli tasselli in pietra, combinati in bianco e nero, narravano il sacroai piedi del Monte Urano. Ma il divino si percepiva soprattutto all’Eremo della Madonna di Pietrabona, sopra il Vallone diRio Scuro, dove una condizione intima dava voce a riflessioni spirituali. Immerso nel bosco, lo raggiungevamo attraverso un breve sentiero: ognuno doveva raccogliere una pietra per poi collocarla sotto la modesta croce d’ingresso, un piccolo gesto di rispetto madi grande cura del sentiero, concepito per far entrare subito in connessione con la sublime essenza del luogo. Gli spazi articolatisi adattavano alla roccia sullo strapiombo: un bellissimo orto pensile, ormai folto di iris, si ricavava sul precipizio; sale e salettemantenevano intatto il rigore di celle eremitiche e la fuliggine sul camino di antichi fuochi era la memoria dei viandanti.Scendevamo nella cripta, nel buio abitato da farfalle notturne e dolichopoda, ripulita di quasi tutte le ossa che invecetrovavamo accatastate nell’ossario esterno. Coglievamo un rametto d’edera come segno di rispetto, il bellissimo affresco dellaMadonna sull’altare un tempo non era visibile a tutti, veniva coperto con una tenda agli indegni, solo i meritevoli potevano guardarla.
Per visitare Castel di Ieri, la Torre Medievale, il Tempio Italico e l’Eremo Madonna di Pietrabona si consiglia di contattare la Pro Loco "La Torre", dediti alla promozione turistica, alla valorizzazione e alla tutela del loro territorio. prolocolatorre@gmail.com    pagina fb



martedì 12 agosto 2025

Tramonto su Serralunga

Il pomeriggio fletteva le sue luci verso sera, inondando d’oro la Piana di Campo Felice, dove i morbidi declivi ai piedi dellemontagne si lasciavano andare in giochi di chiaroscuro, donando agli occhi e alla mente l’evocazione magica di un marefluttuante. Il cielo si vestiva dei toni di madreperla, su cui nubi sfilacciate davano eco al sole del tramonto, che mano a manoeclissava nella notte. I piccoli paesi sottostanti si disponevano come manciate di stelle raccolte nel buio, più forti degli astrioscurati dalla luna. Ogni suono si attutiva nel silenzio, il vento cessava, e tutto si disponeva nella quiete del riposo.

domenica 10 agosto 2025

Anello del Vasto tra le Grotte della Genga, Casale Cappelli e la Chiesa di San Clemente in Fratta

Una luce calda rischiarava il rigore essenziale di quel luogo sacro, filtrava dalle piccole finestre strombate e vestiva le mura inpietra di un’atmosfera raccolta. La sua datazione era storicizzata al 1313, ma alcune supposizioni ascrivevano la Chiesa di San Clementeal periodo paleocristiano. La notte precedente la Pasqua, in passato, vi giungevano i fedeli da Assergi per celebrare il mistero della resurrezione, nei secoli chissà quante luci vacillanti di fiaccole si erano perdute nel buio cosmico di infinite notti stellate. Fontisettecentesche l’appellavano come San Clemente in Fratta, probabilmente allora vi era intorno una boscaglia ad avvolgerlae custodirla, a differenza di adesso, invece, dove una radura dorata battuta dal sole di agosto la esponeva disarmata di ogni copertura.Sulla porta di legno incisioni e date richiamavano un passato non troppo lontano, ma tutta la sua essenza ci giungeva come unpunto fermo oltre il tempo e lo spazio della bellissima Valle del Vasto. Poco distante, il piccolo paese di San Pietro alla Jenca aveva abbellitole vie, portato i servizi, risistemato diverse case, come a voler tendere una mano al turismo, che fortunatamente trovavamo rispettoso.Le voci dei presenti si mescolavano al rumore dell’acqua sempre sgorgante dalla storica fontana. Un ripido sentiero scendeva nellavalle in direzione del fiume, dove poco distante il Casale Cappelli teneva su di sé la memoria dei sentieri della Resistenza, che ilprogetto Percorso Memoria Natura del Comune dell’Aquila mirava a non far dimenticare, ero felice di aver contribuito anch’io a quel progetto con la realizzazione del logo. Anni fa scrissi anche sulla storia che vi avvenne, su Giovanni di Vincenzo e i suoi compagni inquella notte di maggio del 1944. Il letto del fiume Raiale era completamente asciutto, ci camminavamo dentro come su unserpente di argilla, da lì era più facile individuare le Grotte della Genca, completamente nascoste nel folto della vegetazione,sicuramente anch’esse un tempo avevano fatto funzione di riparo anche nel periodo della guerra. L’interessante complesso eraadibito a dipendenza agricola, all'interno vi erano ancora la paglia e i carboni di un vecchio fuoco ormai estinto da anni.