Il pensiero di quella notte mi inquietava tanto da animare dentro di me un mondo sconosciuto, sapevo che non potevo realmente comprendere quell’orrore per non averlo vissuto, tuttavia mi era inevitabile non provare ad immedesimarmi. La galleria d’accesso apriva e chiudeva quello che rimaneva della sera, e da ognifinestra si distingueva il nuovo profilo della montagna: era terribile. Provavo un certo orrore nell’immaginare il silenzio dei pochi momenti prima della frana, ogni cosa si era certamente ammutolita nell’indagine sospesa di capire cosa stesse succedendo. L’aria doveva essere strana, silenziosa e ammutolitapure dal latrato dei cani e dal canto delle civette. Poi il boato e l’abisso. Quando i rumori sono tanto forti superano la soglia del dolore diventando così assordanti da urlare solo silenzio. In una notte di ottobre un’onda gigantesca passava sopra il paese di Casso, senza lambirlo nella parte più alta, era questa l’immagine che non riuscivo a togliermi dalla mente: nulla poteva essere più surreale di questo inquietante spostamento di elementi, come se la realtà e il sogno si fossero sovrapposti e vivessero un’eterna notte senza fine. Quella profonda volta del cielo era rischiarata dalla luna piena, i toni di blu erano nella mia mente, e come cave profonde scoprivano le stelle.
sabato 2 luglio 2011
Monte Toc e il Lago artificiale del Vajont
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