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Una bellissima strada solitaria si snodava nel bosco ad alto
fusto, dal suolo inverdito di felci fittissime e rigogliose. L’ultimo tratto in
bici, tra ripidi saliscendi, conduceva al leggendario castello, vivo di
suggestioni e mistero, ancora solennemente eretto nella
memoria della tanto discussa
baronessa. Tra vicende incerte e a volte suggestionate, il confine tra realtà e
fantasia davvero era stato
in grado di divenire una leggenda. Maria Enrichetta
Scoppa, Baronessa di Badolato, era la ricca proprietaria terriera del Castello
di Lacina, vissuta tra il IX e il XX secolo. L’antica struttura era più
probabilmente il suo casino di villeggiatura, tuttavia le mura e
i torrioni
angolari ancora in piedi, così avvolti dalla vegetazione selvatica, evocavano la
suggestione sublime di un maniero
leggendario perduto ai margini del mondo.
Sulla collina di Policastro i ruderi dell’antica rocca
bizantina capeggiavano il magnifico Golfo. Lo sguardo si perdeva nel mare,
se
ne respirava l’essenza abbellita dai colori tersi del cielo azzurro, dal verde delle
vegetazioni e dalle sfumature d’oro di settembre.
Una ripida stradina in terra
battuta saliva ai margini di un uliveto coltivato sottostante il castello, che
si presentava, infine ai nostri
occhi, incorniciato in una suggestiva visione sublime
contornata di rovi ed arbusti. Una scala metallica, leggermente sopraelevata,
dava
accesso all’interno aperto e oscurato d’ombra, dove varchi aperti alla
luce e al buio trapassavano le immaginazioni di quel luogo
così colmo di storia e
memorie assorbite dalla pietra. Dalla luce al buio e dal buio alla luce, come
in un’albedo cosmica risalente all’aria
con leggerezza, curiosità e
contemplazione di bellezza.