Da Acciano a Beffi ripercorrevamo una delle tratte più belle
del Cammino di Celestino. L’immaginazione correva indietro nel
tempo al 1294,
quando il medesimo tragitto veniva percorso da Pietro da Morrone, futuro papa,
alla volta dell’Aquila. Il letto del fiume
Aterno lasciava correre l’acqua che
in sé aveva la memoria del tempo, quell’acqua che si era più volte rimescolata
nel mondo e che
ora mi piaceva pensarla come testimone di ogni conoscenza. I
ruderi di un antico mulino erano a ridosso del fiume, con alte pareti in
pietra
e tetti sfondati, porte divelte e fermate dagli accumuli di terra,
probabilmente ancora in funzione nel secolo scorso, ma che
adesso si rivestiva soltanto
di edere ed accoglieva gli arbusti. Poco distante ritrovavo la chiesa di Santa
Maria Silvana, visitata più
volte in passato col riscontro di un lento degrado
che anno dopo anno procedeva comunque inesorabilmente. Ma la bellezza della
natura aveva la voce più forte che passava sopra ogni cosa, sulla superficie dell’acqua,
tra gli alberi e i vigneti incolti, sopra

ogni pietra ossidata, sopra il
piccolo e famosissimo ponte romano. L’acqua correva similmente ai pensieri, che
nonostante

volessero contenere tutto, si abbandonavano al fluire del tempo.