La primavera esplodeva lungo il nostro passaggio di stradine secondarie, tutte serpeggianti in una sinuosa danza di curve e colori bellissimi. La moto si accostava a quegli spostamenti di equilibrio, che prima da un lato e poi dall’altro, rendevanopiacevole il nostro percorso tra l’Abruzzo, il Lazio e l’Umbria. Volevamo visitare la Foresta Fossile di Dunarobba, un sito di grandissimo interesse e di notevole rarità, forse uno dei più importanti di tutta Italia, dove la storia si tratteneva compostasotto pesanti strati di argilla, rivelandosi alla luce nella sua sacralità. Vivevamo un insolito confronto con qualcosa appartenente ormai ad un’altra dimensione, comprensibile solo con l’immaginazione e le informazioni della guida. Chiudevamo gliocchi e immaginavamo le sequoie e il mare, un antico e selvaggio mondo perduto che attraverso i tronchi pietrificati diventava una tangibile testimonianza preistorica. (Purtroppo non posso pubblicare le foto della foresta perché la Soprintendenza per iBeni Archeologici dell’Umbria ha imposto un vincolo, ma sono in attesa dell’autorizzazione). Un opuscolo informativo del centro visite forniva alcune informazioni a riguardo che riporto di seguito a citazione: La Foresta Fossile di Dunarobba venne allaluce verso la fine degli anni ’70, all’interno di una cava di argilla destinata alla fabbricazione di mattoni per l’edilizia. I resti di circa cinquanta tronchi di gigantesche conifere attualmente visibili costituiscono un’eccezionale e rara testimonianza di alcune essenze vegetali appartenenti alla famiglia delle Taxodiacee, che caratterizzano questo settore della penisola italiana contraddistinto da un clima sensibilmente più caldo e umido dell’attuale. Ancora in gran parte sepolta dal sedimento, questa antica foresta, databile a 2 milioni di anni fa nel periodo geologico noto come Pliocene, indica condizioni ambientali sostanzialmente diverse da quelle attuali. La conservazione dei tronchi in posizione di vita e il mantenimento pressoché totale delle caratteristiche del legno originario, sono ragionevolmente ascrivibili ad un seppellimento continuo e graduale avvenuto all’interno di un’area paludosa situata sulle rive di un ampio specchio d’acqua, considerato parte integrante del ramo sud-occidentale del “Bacino Tiberino”. Quest’ultimo, di origine tettonica, si estendeva dall’attuale Alta Valtiberina Toscana sino a Perugia per poi diramarsi in due ampie depressioni che raggiungevano Terni (ramo occidentale) e Spoleto (ramo orientale). Le particolari caratteristiche di questo sito paleontologico lo rendono un monumento naturalistico unico al mondo e di grande rilevanza scientifica. La Soprintendenza dei Beni Archeologici dell’Umbria, negli anni successivi alla scoperta, ha iniziato un lungo lavoro di documentazione finalizzato allo studio, alla salvaguardia e conservazione del sito paleontologico. Attualmente i maggiori sforzi sono finalizzati a contrastare il disfacimento del legno da parte degli agenti atmosferici, causa principale di degrado. (Per informazioni e prenotazioni: Centro di Paleontologia Vegetale della Foresta Fossile di Dunarobba tel 0744/940348 LINK). Fuori dal sitoarcheologico il percorso si rinverdiva del profumo dei caprifogli, sottolineando la primavera in tutta la sua bellezza. Le colline umbre si componevano morbide sotto il nostro sguardo, scivolando a vista d’occhio lungo piacevolissime prospettive.Todi era poco distante, volevamo immergerci nella sue strade uniche, percorrerne il centro storico per ammirarne il passato e risanare un po’ di nostalgia per la nostra amata L’Aquila. Le vie erano percorribili solo a piedi, permettendo così il massimogodimento dei suoi prestigiosi edifici sacri e medievali. Quanta ricca, meravigliosa, sublime bellezza veste la nostra incantevole Italia.
domenica 17 aprile 2011
Todi e la Foresta Fossile di Dunarobba
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Quando guardiamo il passato non si può far a meno di pensare che forse gli atomi che componevano quei corpi, quelle piante,oggi è possibile che siano traslati dentro di noi. Nulla si crea e nulla si distugge, tutto si trasforma. E' vero, siamo ETERNI, se per eternità intediamo la vita. Non la nostra, la vita dell'universo, che poi è la stessa cosa. Quando vago per il deserto e vedo le ossa dei dinosauri, mi fermo, siedo vicino ad ossa immani, grandi come una macchina, e penso a quanta potenza dovevano esprimere. L'uomo ancora era lontano, forse neppure nei pensieri del Creatore. MA Egli aveva immesso la vita nel calderone. E la vita doveva nascere, per forza. Per forza doveva esprimersi.Allora noi abbiamo ereditato la potenza dei dinosauri, abbiamo ereditato la vita iniziale col sangue della clorofilla. Dentro di noi vagano foraminieri, selci, tirannosuri, velociraptor. Ogni tanto l'universo ci dona i nostri padri. Vegliamoli, amiamoli, essi sono i nostri antenati...anche se molti sono scettici di questa affermazione
RispondiEliminaLa materia originariamente era una sola ed unica, solo dopo millenni, ere o addirittura eoni si è diramata nelle più varie forme, morfologie, regni animali, minerali e vegetali, ma originariamente era una cosa assoluta, per questo non credo che sia assurdo accettare quello che dici, anzi. In fondo siamo tutti la stessa cosa, la stessa materia mossa dall'energia. Noi siamo energia, e la nostra materia è la stessa che compone il mondo da sempre, è proprio vero che tutto si trasforma.
RispondiEliminaPensare al Deserto con la rivelazione silenziosa e fisica dei dinosauri è un'immagine davvero suggestiva
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