Il Passo dello Stelvio
Andavamo a prendere l’inverno in anticipo, oltre 3400 metri di quota sul Ghiacciaio dello Stelvio. Le Alpi Retiche erano assolutamente maestose e severe, così impervie ed elevate,
aumentavano di dimensione mano a mano che ci avvicinavamo. La neve sommitale mi scaldava il cuore al pensiero dell’inverno passato, pensavo al mio caro Appennino, e ai miei ricordi
bellissimi fatti di neve. Mi mancava tutta quella calma fatta di silenzio, dove si sentiva appena il crepitio della neve al contatto con la pelle, mentre cadeva a grandi fiocchi lungo un’isolata
stradina di montagna. La salita da Trafoi serpeggiava lungo la costa in una mimesi straordinaria, sgomitolandosi nell’impressione di una contenuta muraglia cinese. A monte i
crepacci dei ghiacciai pensili ricordavano la superiorità indiscussa di Madre Natura, i loro tagli profondi e vecchi esigevano l’ovvio rispetto dedicato ad un’entità superiore. Eravamo arrivati durante
l’ora del tramonto, saremo rimasti lì qualche giorno a sciare, e mentre scaricavamo i bagagli vedevamo il cielo caricarsi in calde tonalità marmoree venate dalle nuvole. Il Passo dello Stelvio, a
2758 metri di altitudine, manteneva la sua aria pulita e sottile, con il beneficio di una visibilità assolutamente perfetta. Mi toccava la malinconia al pensiero che a breve avrebbero chiuso il Passo per
l’inverno lasciando gli alberghi abbandonati, e a come quel luogo antropizzato ritornasse al suo legittimo silenzio.
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