Inghiottitoio di Camposecco
Nelle zone d’ombra perenne, nei colori del freddo, tra le
vibrazioni dei toni azzurri della neve, lì era la bellezza. L’ingresso coronato
di rocce svelava sculture di ghiaccio, forme fluide di acque modellate dal
respiro della grotta, solide e durissime come la pietra,
ma allo stesso tempo fragili
e delicate come il vetro, forgiate di trasparenze, le trovavo bellissime nella
loro semplicità complessa.
Poco oltre ulteriori stalattiti di ghiaccio
arricchivano temporaneamente le poche concrezioni di quel passaggio. Una progressione
lenta, istruttiva e piacevole, l’accostamento al buio ritrovato, la quiete. Uscivamo
poco prima del tramonto, quando le luci cominciavano
a stendersi nel riverbero dei
colori, tra riflessi di toni madreperla sul candore innevato dell’altopiano.
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