Scendevamo Grotta
a Male nel gioco di chiocciole e triangoli, con la pietra che si animava al
nostro passaggio ed una confusaproiezione di ombre. Soltanto poche concrezioni
ci regalavano la suggestione dei diamanti, mentre il riflesso più brillante siconcedeva nelle trasparenze azzurre del Laghetto di De Marchi. A luci spente ci
perdevamo nel buio profondo della grotta, dove lostillare dell’acqua mi
appariva ora come una lontana esplosione di stelle. Quella materia, fatta di
notte, aveva l’umore dell’infinito,sentivo la terra come una madre che mi
accoglieva in seno al suo grembo.
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