Rifugio del Campitello da Prato Capito e la neve
“Passano gli anni ma alcune cose rimangono eterne, senza
tempo come la neve, che nonostante lo scorrere degli inverni non trova né
principio
né fine: la neve di allora è la stessa di adesso e mi piace pensare
che trattenga la sua memoria”. Cinque anni fa scrivevo queste parole in
occasione di una mostra su Natalia Ginzburg, pensavo alla neve come elemento senza
principio né fine, scrigno di memorie, essenza
universale pronta ogni volta a
scomporsi e ricomporsi portando con sé all’infinito la memoria del mondo. Il rumore
della neve era quello del
silenzio che lasciava voce ai pensieri, me ne
immergevo nel bosco, inoltrandomi nella moltitudine dei faggi fino al Rifugio del Campitello.
Ritrovavo il piccolo riparo intatto rispetto l’ultima volta in cui c’ero stata,
il piccolo camino, la porta incisa di scritte apribile in due
passaggi, il
pavimento di pietra e l’essenziale. La vista sull’omonima valle si velava di neve e persino il sole dispergeva i suoi raggi al cielo,
perdendo sì
forza ma estendendosi con la sua luce nel riverbero del bianco.
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