Dalla Valle Ruella al Rifugio delle Ferrarecce
La strada saliva alla volta della montagna, ripercorrendo parte
dell’antica via di Annibale che nella sua condizione più selvaggia
manteneva il
fascino intatto di una natura al di sopra del tempo e della presenza dell’uomo.
Dopo alcuni decenni dalla realizzazione della tanto
contestata strada di accesso
agli altipiani superiori, i boschi si erano finalmente infittiti e la
vegetazione aveva oscurato di molto le tracce
degli sbancamenti. Seguivamo la via
del Fosso di Ruella fin dove era praticabile, per vedere la via dell’acqua di
superfice, scoprendo angoli
di bellezza incontaminata. I prati superiori alla
destra orografica del fosso si modulavano in dolci avvallamenti impreziositi da
fioriture rase
come il manto erboso, movimentato solo dai cespugli di uva spina
e rosa canina, e da lunghe file di muri a secco, ricordi di un passato
rurale intriso
nella terra e percepito nel silenzio. Salivamo tutta la Valle di Ruella per
raggiungere il Rifugio delle Ferrarecce, i prati aperti e
senza ormai più limiti dei
boschi trovavano sfogo verso il cielo e la cima delle montagne. I laghi
stagionali erano asciutti, e i pascoli seguivano
composti i loro tragitti.
Ammiravamo la bellezza della lunga dorsale di Monte Cava, che dal Male Passo al Vado di Femmina
Morta, si
innalzava dinanzi a noi velato di nubi.
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