Fosso Spedino e l'Eremo del Beato Bonanno da Roio
Alle estreme
pendici della Costa Grande si apriva la Fossa di Spedino, una magnifica dolina
da crollo che vista dall’alto infondeva suggestione
a causa della sua apparenza
inaccessibile. Le ripide pareti scendevano verticali per decine e decine di
metri di roccia marcia, quasi repulsive
alla vista e alla presenza degli uomini, eppure
lì dentro vi dimorò un eremita tra il XII e il XIII secolo, tale Beato Bonanno da Roio.
L’unico
accesso percorreva un ripido sentiero fino al culmine sommitale di un
ghiaione, da lì si accedeva in un cratere d’ombra dai calcari ossidati e
coperti di muschi, con pochi alberi sul fondo e molti detriti, era una
concavità magnifica, grande, molto suggestiva. L’eremo del Beato
Bonanno era
una piccola grotta che dal fondo della dolina risaliva di poco e si collocava
ad Ovest, composta di tre ambienti molto modesti e
su livelli differenti. Era
sorprendente la scelta degli eremiti, andavano sempre alla ricerca dei luoghi
più inaccessibili e repulsivi, dove il
confronto dell’uomo con la Natura era
assolutamente indiscutibile. C’era sicuramente una probabile ricerca del Sublime
[dal lat. sublimis
(con la variante
sublimus), comp. di sub «sotto» e limen «soglia»: propr. «che giunge fin sotto
la soglia più alta»], un confronto diretto
che metteva al conto tutti i
possibili limiti umani.
Nessun commento:
Posta un commento