Saepinum e Sepinis sui monti del Matese
Le strade di Saepinum avevano l’odore dolce dei fiori
di biancospino, le percorrevamo all’ingresso della primavera, con i
toni più brillanti
del verde dei prati. Salivamo le antiche vie sannite che in passato avevano
popolato le montagne del Matese,
percorsi dimenticati tra rovi e prugnoli,
difesi dalle spine di una natura incontaminata. Lungo la via, i resti dell’area
archeologica
di San Pietro e del Conventino avvaloravano l’importanza di quell’antico
territorio, ma era sulla cima del colle che trovavamo
l’insediamento più
importante: lì vi erano i ruderi di Terravecchia, l’antica Sepinis sannita, protetta dal bosco e
inaccessibile da strade. La natura
si riprendeva quello che l’uomo le aveva tolto nei millenni passati, le pietre
lavorate lasciavano
leggere a malapena i loro profili, e tutto tornava nella
bellezza incontaminata. Compivamo il nostro giro in bici
intercettando nella parte finale l’antico
tratturo: usciti da Porta Terravecchia rientravamo per Porta Benevento, che come un
varco temporale ci dava l’emozione di calcare un’importante via compiuta
dai nostri antenati.
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