Anello di Collebrincioni e Monte Castellano e la memoria del 23 settembre del 1943
Da Collebrincioni
saliva una ripida strada in direzione di Monte Castellano, la memoria correva
indietro nel tempo al 23 settembre del 1943. Queste zone avevano vissuto l’esperienza
di
undici ragazzi, tutti amici intorno a vent’anni, rimasti fedeli fino alla morte.
Umberto, Stefano, Francesco, Fernando, Berardino, Pio, Carmine, Sante, Giorgio,
Anteo e Bruno erano undici amici
che attendevano. Tra loro, Bruno aspettava suo
padre, il tenente colonnello Gaetano d’Inzillo, che aveva promesso a suo figlio
e ai suoi amici di portarli via da Collebricioni. C’era la guerra e loro
partecipavano
ad un piano di resistenza ben preciso, che li vedeva coinvolti nel recupero di
armi da condurre nel teramano. Passava la notte e loro sognavano di realizzare
il diritto alla
propria libertà, sognavano il Bosco Martese, e ponevano fiducia
agli uomini con più esperienza, quelli che sapevano sparare, che non li
avrebbero mai abbandonati alla volontà degli invasori. Ma la
notte passava e
non ci fu fede all’appuntamento. L’indomani la voce tedesca risuonava tra i
vicoli di Collebrincioni, i ragazzi fuggivano in direzione di Monte Castellano
sotto il raggio
scoperto di una mitragliatrice, alcuni risposero al fuoco, ma
Umberto venne ferito. I suoi amici nonostante il terrore della loro condizione non
lo abbandonarono, lasciarono cadere a terra le
armi che nemmeno sapevano usare:
uno venne graziato, gli altri nove divennero i Martiri Aquilani. L’anticima di monte Castellano teneva la memoria
di quel giorno con una croce, dove
un piccolo uccello vi si era posato sopra. La
memoria di quel giorno si perdeva nella bellezza delle fioriture e nei colori rinnovati
delle montagne, una disperazione lontana ma di cui la terra manteneva ancora l’umore.

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